Archivio mensile:aprile 2021

Latte | Resistere all’oblio

“Lattaia” (particolare) di Jan Vermeer (1658-60, Rijksmuseum di Amsterdam)

Tra il 22 e il 25 aprile si celebrano tre ricorrenze importanti: la Giornata internazionale della Terra, il Giorno del ricordo per il genocidio armeno, l’anniversario della Liberazione dell’Italia. In quest’anno strano, di corpi isolati dalla pandemia, manifestare insieme per proteggere il ricordo di quanto è stato e la speranza di quanto vorremmo che fosse, è più difficile. Nell’ascolto, forse, ancora una volta possiamo trovare un nuovo “non-luogo” di incontro. Questo è un testo che scrissi qualche anno fa, su commissione di due artisti francesi, Cecile Proust e Jacques Hoepffner, per la versione italiana del loro spettacolo Ethnoscape. All’epoca ero al nono mese di gravidanza, con un pancione enorme, fasciato sotto il blu elettrico di larghi pantaloni che usai per andare in scena e recitarlo davanti al pubblico. Insieme alla mia bambina, rannicchiata dentro di me, ad ascoltare.

Mia nonna raccontava sempre di quando, quel giorno del ’44, era andata a prendere il latte in viale.

Mia nonna mi raccontava che, per lo spavento, il secchio del latte le era caduto per terra.

Perché all’improvviso tutto l’orrore del mondo si era concentrato lì, davanti a lei, una ragazzina che era solo andata a prendere il latte.

Era mattino presto, saranno state le sette.

Ad ogni albero del viale era appeso un corpo.

Ogni corpo pendeva come un sacco, pesante, sporco, con attorcigliato intorno al collo un filo della luce.

C’era silenzio. Poi mia nonna ha urlato, ha urlato così forte che le è caduto per terra il secchio del latte.

Il latte è caduto tutto fuori, bianco, a fiotti, bagnando tutto intorno, bagnandole le scarpe, bagnandole il vestito.

Per lo spavento, quella mattina, mia nonna aveva versato tutto il latte per terra e la terra era diventata bianca.

Chissà se sono rimasti in silenzio quei trentuno corpi impiccati.

O se hanno urlato, prima di morire.


Il silenzio sui morti ha sempre un peso strano.

C’è il silenzio di chi resta, e quello di chi muore.

E poi, c’è il Silenzio pubblico, il silenzio politico che tace prepotentemente sui morti.

Chissà se sono rimasti in silenzio quei corpi di migranti, prima di affondare, giù, in fondo al Mare.

Chissà se sono rimasti in silenzio i soccorritori, vedendoli affondare.

Silenzio sui morti.

Per pietà e per paura.

Per terrore di finire come loro, impiccati, lasciati a seccare, a puzzare nell’aria ispida d’autunno o ad affondare nell’acqua del mare.

Chissà quanti secchi di latte sono stati versati per terra dalle donne il mattino, dopo la strage di Srebrenica.

Chissà quanti secchi di latte sono stati lasciati cadere per terra, all’improvviso, in Uganda, in Nigeria in Congo, nella fuga disperata delle donne dai guerriglieri.

Chissà se loro, i torturatori, i persecutori, gli assassini sono rimasti in silenzio dopo aver ucciso.

Chissà se hanno pianto, quando sono tornati a casa.

Anna Trevisan

Il testo è stato scritto e rappresentato per lo spettacolo Ethnoscape di Cécile Proust e Jacques Hoepffner (Bassano del Grappa, Palazzo Bonaguro, luglio 2015) e si ispira ai fatti del 26 settembre 1944 occorsi a Bassano del Grappa lungo quello che oggi si chiama Viale dei Martiri.

Blue -First Sense – Choruses | I festival della Biennale DMT 2021

Golconda, René Magritte (1953)

La presentazione in conferenza stampa dei programmi di Danza Musica e Teatro della Biennale di Venezia 2021

14 aprile 2021 | C’è qualcosa di nuovo e diverso in questa conferenza stampa senza spettatori, condotta in maniera congiunta dai tre direttori dei settori Danza Musica e Teatro della Biennale di Venezia, in diretta streaming dalla sede fisica di Ca’ Giustinian, a Venezia. È scomparso il lato frizzante e superfluo della comunicazione. Sono sparite quell’aura mondana e radical chic dell’attesa tra i presenti in sala, quel vociare prima dell’inizio, i bisbigli e i convenevoli tra i convitati, le frasi stucchevoli. È il regno dell’assenza, della sottrazione, dell’essenziale. Le parole sono ponderate e chiare, scelte con cura, con parsimonia, con attenzione. È il momento dell’ascolto per tutti noi, pubblico invisibile e virtuale, novelli acusmatici senza diritto di replica.

Ad inaugurare la conferenza stampa il presidente della Biennale di Venezia Roberto Cicutto, che introduce rapidamente i direttori di settore. I primi a prendere la parola sono Stefano Ricci e Gianni Forte, direttori della Biennale Teatro (Blue, 2-11 luglio 2021) seguiti dal direttore del settore Danza Wayne McGregor (First Sense, 23 luglio-1 agosto 2021) e dalla direttrice del settore Musica Lucia Ronchetti (Choruses, 17-26 settembre 2021). Qui di seguito riportiamo la prima parte della conferenza stampa.

Blu | Il colore dell’inatteso | Stefano Ricci

“Il cielo è blu perché tu vuoi conoscere perché il cielo è blu”. Apre così Stefano Ricci, citando con trattenuta emozione una frase tratta da I vagabondi del Dharma, di Jack Kerouac. E nel blu Ricci cattura tutto il disorientante lungo presente che tutti noi stiamo forzosamente vivendo: i dodici mesi di blocco totale, di sospensione del quotidiano, la chiusura dei teatri. Blu secondo Ricci è il colore dell’inatteso, che ci mette di fronte due strade: accettarlo passivamente oppure “trasformarlo in una sfida, sviluppando la propria intraprendenza […] per reagire e riprendere ad edificare quella che è l’architettura di un teatro possibile”.

“Il nostro percorso disegnato per questi quattro anni alla direzione del settore teatro della Biennale di Venezia” – prosegue Ricci – è improntato su una scelta di colori. Colori. Perché il pigmento è un qualcosa che sfugge ad ogni possibilità di categorizzazione […] come il teatro [che], in qualche modo, è qualcosa che non ha bisogno di perimetri. Blu come la volta celeste che ci unisce tutti. “Blu sarà il colore di quest’anno, sarà il disegno che proveremo ad esprimere per raccontare questa volontà di ripresa e di rinascita ma anche per raccontare il blu di domani, con Biennale College […] del quale mai come quest’anno abbiamo bisogno per dare fiducia ai giovani, per dar loro la possibilità di disegnare nuove linee”. Nuove linee che verranno tracciate attraverso le attività di scouting: il bando di regia; il bando autori e , novità di quest’anno, il bando per site-specific.

“Perché proprio in un periodo i cui l’edificio del teatro è diventato un luogo che provoca timore, abbiamo bisogno di riportare il teatro alla gente, nei campielli, nelle piazze e far ascoltare comprendere alle persone che il teatro non è solo intrattenimento ma anche un momento di condivisione e di presa di coscienza. Il teatro ha bisogno del pubblico ma allo stesso modo il pubblico, il nostro Paese ha bisogno del teatro per continuare a credere che questo rito sia necessario” – conclude Ricci prima di passare la parola a Gianni Forte.

Blu | Una magnetica melodia universale | Gianni Forte

“Questa nostra edizione del festival per i motivi che tutti noi conosciamo sarà una sorta di concentrato vitaminico, energizzante, nutriente soprattutto per l’anima, ma anche per la vista, per non smentire quella fama di guastatori non allineati che da sempre ci precede. Un concentrato composto da undici spettacoli, undici pepite che come cercatori d’oro abbiamo cercato […]” – esordisce Forte.

“Tutti questi spettacoli insieme ai tre bandi college, a forum ed incontri con alcuni degli artisti presenti al festival, due tavole rotonde, otto masterclass coadiuvati da ensemble di studiosi, giornalisti, maître d’eccellenza contribuiranno a creare una sorta di magnetica melodia universale che ci accompagnerà per scoprire i lati oscuri, la crudezza ma anche la dolcezza di quest’esistenza”.

“Ciascuno di questi spettacoli […] contribuirà a prenderci per mano per farci attraversare questa selva oscura di dantesca memoria e per farci avere così una sorta di interpretazione interpretare l’oggi, il presente. Ciascuno spettacolo avrà un suo sguardo, un suo flash che permetterà di impressionare la lastra del tempo che stiamo vivendo e perché no, profeticamente, magari anche di quello che verrà. E tutti insieme, come prendendoci per mano, attraverseremo questo periodo buio” – prosegue Forte che sceglie di concludere il suo intervento con un breve ma accorato appello alle istituzioni italiane: “Basta. Per favore, fateci ritornare a casa, nei nostri teatri, nei nostri spazi di cultura”.

Poi, con altrettanta compostezza, elenca in ordine cronologico i nomi degli spettacoli e degli artisti che animeranno questa edizione del festival: We are Leaving di Krzysztof Warlikowski, Leone d’Oro alla carriera; Uno sguardo estraneo (ovvero come la felicità è diventata una pretesa assurda) con la regia di Paolo Costantini, vincitore del bando registi under 30, tratto da un testo di Herta Mueller; Nel lago del cor di Danio Manfredini; OHT, Un teatro è un teatro è un teatro è un teatro; In exitu di Roberto Latini tratto da un testo di Giovanni Testori; Hard to be a god di Kornél Mundruczó; L’altro Stato di Lenz Fondazione, tratto da un testo di Calderon de La Barca; Qui a tue mon per di Thomas Ostermeier; The Mountain di Agrupación Señor Serrano; The Book of Traps & Lessons di Kae Tempest; Sunday, la coreografa ungherese Adrienn Hód.

Noi aspettiamo con tenace ardore di ascoltare dal vivo Kae Tempest, insignita/o del Leone d’argento 2021 e presentata/o da Forte come “una delle voci più emblematiche più innovative più sincere della spoken-poetry degli ultimi anni […]” e come un artista che “è riuscita/o a mescolare ritmi e rime dal sapore shakespeariano con l’hip hop, che è riuscita/o ad entrare nei nostri cuori, facendoci riflettere una dolorosa e personale intimità”.

Anna Trevisan

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